Camillo De Piaz, un uomo “sulla frontiera” commemorato in una mostra e in un libro

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    Nell’ambito del ricco programma ideato dal “Comitato onoranze per i 100 anni dalla nascita di padre Camillo De Piaz”, la scorsa settimana anche Poschiavo ha reso degnamente omaggio alla figura di Camillo De Piaz (1918-2010), il padre servita tiranese che muovendo da una visione evangelica a tutto campo e nel nome dell’amicizia, è riuscito a radunare intorno a sé uno stuolo di religiosi, intellettuali e artisti attivi in Italia e in Europa, ma anche e soprattutto nel territorio a ridosso del confine italo-svizzero di Piattamala, cui egli si sentiva particolarmente legato per ragioni biografiche.

    La rassegna è iniziata mercoledì sera, 23 maggio, con la Via Crucis di canti e immagini «È passato di qui», celebrata presso il Nuovo Monastero delle suore agostiniane. Nel pomeriggio di sabato, 26 maggio, vi è stata l’apertura ufficiale della mostra fotografica itinerante «Camillo, una storia», allestita presso la galleria Pgi di Poschiavo, che durerà fino al prossimo 10 giugno, a cui è seguita una suggestiva narrazione teatrale di Giuseppe Cederna, attore e amico di padre Camillo, che ha proposto temi legati al religioso tiranese nella splendida cornice del chiostro del Vecchio Monastero nel centro di Poschiavo.

    Gli eventi sono stati resi possibili grazie alla collaborazione fra Pgi Valposchiavo e Associazione Camillo De Piaz con il sostegno di Promozione della Cultura Comune di Poschiavo, Promozione della Cultura Cantone dei Grigioni, Repower, Banca Cantonale Grigione e Ferrovia Retica.

    La mostra «Camillo, una storia» è stata curata da un comitato formato da Valerio Righini, Laura Novati, Bruno Ciapponi Landi e Giovanni Ruatti. In occasione dell’inaugurazione è stato pure presentato l’omonimo libro a cura di Laura Novati, che oltre a contenere le foto esposte nella mostra, raccoglie gli atti del convegno di studi su padre Camillo tenutosi a Tirano il 24 febbraio scorso (ed. «Pietra verde», collana di cultura valtellinese, Tipografia Bettini, Sondrio – maggio 2018).

    Nell’angolo della piazza antistante la galleria Pgi, Giovanni Ruatti ha brevemente spiegato genesi e struttura delle 100 fotografie che ritraggono padre Camillo nei luoghi e assieme ad alcuni fra gli amici a lui più cari in un’esposizione suddivisa in tre sezioni: nella prima sono documentati gli anni dello studio e dell’attività in Corsia dei Servi a Milano (fino al 1957), nella seconda il periodo in “esilio” a Tirano (dal 1958 fino all’anno della sua scomparsa), mentre nella terza vengono messi in evidenza i legami con la Valposchiavo e le amicizie che qui egli coltivava.

    Valerio Righini, pittore e scultore tiranese ben conosciuto in Valposchiavo, dopo aver menzionato l’importante lavoro grafico svolto sulle foto nella realizzazione della mostra da parte del gruppo organizzatore e della Tipografia Bettini di Sondrio, ha ricordato che questa serie di commemorazioni per padre Camillo avviene cronologicamente a distanza di due anni da quelle svoltesi in onore di Wolfgang Hildesheimer e tre anni dopo quelle per Mario Negri, di cui la Valposchiavo custodisce una fra le sue più notevoli sculture presso la centrale idroelettrica di Robbia. “Una concomitanza di eventi non del tutto casuale – ha detto l’artista – che testimonia anche dell’importanza che Camillo affidava ai legami con la Valposchiavo”.

    Una terra, del resto, come si può leggere nelle parole introduttive di Franco Milani che compaiono nel libro fresco di stampa, che per De Piaz conservava “un’aura di coidentità [con la Valtellina] risalente dal fondo dei secoli”.

    Anche Laura Novati ha sottolineato la peculiarità di padre Camillo nel tessere reti d’amicizie e legami fra gente di cultura, estrazione, religione e generazione diverse. Essere amici di De Piaz – ha dichiarato – era come possedere una patente d’ingresso”. Una capacità che la studiosa e traduttrice di diverse opere dal tedesco ha individuato anche in Paolo De Benedetti (1927-2016), direttore editoriale in Bombiani e biblista protagonista del dialogo ebraico-cristiano, ma pure amico di lunga data di padre Camillo. La Novati ha poi espresso il rammarico di non essere riuscita a rintracciare fotografie del frate assieme a due sue amiche e figure femminili di primo piano quali la giornalista Camilla Cederna e Lucia Pigni Maccia, l’ancella di Davide Maria Turoldo e Camillo De Piaz in Corsia dei Servi a Milano.

    Riferendosi alla Valposchiavo, Laura Novati ha accennato al fatto che l’amicizia più importante di padre Camillo in Valposchiavo fu sicuramente quella intrattenuta con lo scrittore poschiavino d’origini ebreo-tedesche Wolfgang Hildesheimer, di cui sono rimaste evidenti tracce anche in un opuscolo del letterato intitolato «Exerzitien mit Papst Johannes», un libro che meriterebbe una traduzione in italiano. Parlando della mostra, la Novati ha inoltre voluto ricordare una fotografia in cui padre Camillo è ritratto con in mano un teschio dell’Ossario presso l’Oratorio Sant’Anna di Poschiavo. Una fotografia che le ha riportato alla mente il forte legame ecclesiastico fra Valposchiavo e diocesi di Como, contraddistinto anche dal periodo buio della guerra dei Trent’anni – di cui fra l’altro quest’anno ricorre il quarto centenario dall’inizio –, ma pure quella fede “montanara” del padre servita, che lo spingeva con forza a vivere evangelicamente la vita.

    Per coronare questa occasione d’incontro fra vecchie conoscenze ed amicizie di padre Camillo ai due lati della frontiera ha preso la parola anche Moreno Raselli, che del servita ha voluto ricordare “i lunghi silenzi che precedevano i suoi lucidissimi interventi, che non mancavano mai di aprire nuove e stimolanti prospettive”.

    Paolo Tognina, teologo valposchiavino e noto giornalista della RSI, il quale aveva già partecipato al convegno di febbraio, si è poi soffermato sulla figura di padre Camillo come di un uomo che ha saputo operare “sulla frontiera”, attribuendone un significato che travalica quello strettamente geo-politico: una frontiera come luogo ideale d’incontro fra uomini di fede, sensibilità e culture diverse che non divide ma unisce.

    Piergiorgio Evangelisti, anch’egli relatore del citato convegno e conosciuto in Valposchiavo per la sua lunga collaborazione ai giornali «La Scarìza» e «Il Grigione Italiano», nonché per molti anni apprezzato corrispondente della RSI in Valtellina, ha terminato la serie di interventi mettendo l’accento sul fatto che padre Camillo fosse soprattutto un prete. Un prete a cui fu impedito di officiare per più di vent’anni nella diocesi di Como, ma che mai rinunciò a testimoniare la parola evangelica pronunciando anche delle verità scomode.

    Nel coltivare le sue amicizie De Piaz aveva infatti il raro dono della sincerità, e Piergiorgio Evangelisti ha voluto citare alcune significative righe del religioso sui valposchiavini, apparse sul mensile «Società Valtellinese» nell’ottobre del 1984: “una sintomatica difficoltà a vincere, dentro di sé e nel proprio modo di reagire al contatto, taluni complessi, derivanti da un certo abito che ci si è cuciti addosso, di una propria, tutta svizzera rispettabilità, (spesso) confrontata con una superficiale visione della poca rispettabilità dei vicini: gli italiani come portatori di disordine e di scandalo”.

    Insomma, come sottolineato da Laura Novati nel risvolto di copertina del libro «Camillo, una storia», di lui “si è parlato e scritto molto, ma molto si dovrà ancora parlare e scrivere, se la ricerca storica e archivistica darà, come è probabile, nuovi frutti, per mettere in luce i diversi aspetti della sua persona, del suo essere presente come forza propulsiva nei contesti in cui si è trovato a vivere e ad agire”.


    Achille Pola