Ex membri Governo, nessun termine attesa per mandati in cda

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Gli ex membri del Governo retico potranno accettare mandati in seno a consigli d’amministrazione senza aspettare un termine d’attesa, come era stato richiesto in un incarico presentato ad ottobre dello scorso anno: i parlamentari, riuniti nella sessione di febbraio, hanno bocciato oggi la proposta con 71 voti contrari e 45 a favore.

L’incarico, il cui primo firmatario era Lukas Horrer (PS), chiedeva di “creare una base giuridica per un termine di attesa per l’accettazione di mandati in seno a consigli d’amministrazione in aziende che si aggiudicano commesse dal Cantone oppure che
presentano un forte rapporto di dipendenza dal Cantone”.

“Se ex membri del Governo fanno uso delle loro conoscenze pregresse in veste di consiglieri d’amministrazione di aziende private, – si argomentava nella richiesta – ciò comporta immancabilmente dei conflitti d’interesse”, per evitare i quali, spiegava il testo, essi beneficiano di una pensione.

“Un termine d’attesa stabilito per legge renderebbe di fatto impossibile per membri uscenti del Governo trovare una nuova attività adeguata, – aveva risposto l’esecutivo retico a dicembre dello scorso anno, invitando il Gran Consiglio a respingere l’incarico – limitando per altro il diritto costituzionale alla libera scelta della professione e al libero accesso a un’attività lucrativa nell’economia privata”.

“Grazie alla loro esperienza e ai loro contatti – concludeva la risposta – ex membri del Governo soddisfano i presupposti necessari per lavorare nell’economia privata, ma anche per collaborare in seno a organizzazioni di utilità pubblica”, fermo restando, precisava il testo, ed ha ribadito anche oggi nel corso della seduta il direttore del Dipartimento delle finanze e dei comuni Christaian Rathgeb (PLD), che “il segreto d’ufficio deve essere serbato anche dopo l’abbandono della carica”. Oltre alla necessità di un personale senso di responsabilità, ha aggiunto Rathgeb.

Inoltre, un termine di attesa produrrebbe effetti negativi sulle casse cantonali: i consiglieri di Stato ricevono infatti una pensione dalla fine del loro mandato, che corrisponde al 3,5% dell’ultimo stipendio percepito per ogni anno in carica (massimo 12 per legge). Un reddito da attività lucrativa a partire da un determinato importo, spiegava la risposta dell’esecutivo, comporterebbe una riduzione di tale pensione.

L’iniziativa ha raccolto invero simpatie tra le file del PBD, dell’UDC e del PVL, ma al momento del voto questo non è stato sufficiente perché l’incarico venisse accolto.


Ats